SUB di Fabrizio Simeoni (traduzione di Celeste Galiano)
1. Punti
CoprifuocoCome militanti bendati
spiavamo tutto il giorno ogni avvicinamento terricola
attraverso i crocchi delle lame.
Impellati dal loft fino a Marte
le mani cercavano uno spazio innocuo
- senz´ aria e ne luce -
di occhi umidi
reffrattario della policromia delle mummie,
lo sbalordimento di sentirsi fuori
alieni dal corpo concepiti alla quietezza
d´un´ altra Via Lattea.
Qualcuno poi arrivava
faccie accelerate e molteplicate
non c´era un´altra scelta che il movimento
corrivamo
perche dovevamo accoglierci
o perdurare.
La Playboy che nascondeva lo zio
non ha giá fogli.
Tant´é l´avvallatura
spaventata
che richiama all´altezza vigente della metropolitana
un ritiro volontario
o il suicidio gnomico delle bighe,
la ragazza top dagli annunci
dirizza ha l´intuito
fra la fetidume d´arricci biondi
che una sera di spray
rotolando ammozzicati
i resti di pelle abbronzata,
la sua bottiglietta di Coca Light,
e il muro.
Tanta sapienza
fragile
che approva il vuoto dissimulato del tassí
un ritorno involontario
o la ragione egotista del pavimento,
la ragazza beat degli angoli
ignora rompibile
tra balsami di mani
che basterá un ballo d´alberghi
perché dirozzino confluenti
gli annunci dei guanti sudditi,
la crosta dei bordi
e dei tendini.
Shame
Non c´era un altro che imbeversi
dentro del sogno del pipistrello
svanire al eco delle fittezze
come passeggieri ricreati
per la sfumatura del paesaggio adunco.
Che animalaccio ci merita delle impazienze
dove il caos cede il suo impegno?
… Era dormirsi nella pelle dei gradini
un´ altro corpo, ... lei se ne andaba poi
tra l´andatura apostolata
d´ un ragazzo indaco.
Mentre catturavano al homo habilis
dalla fasciatura di lava
per che cossí continuasse a incurvarsi
un palazzino unto.
Crepolare l´incordato
il suo homo erectus dentro l´armadio
e la larva nella cute.
Dove saranno i tubi,
gli apici perduti dal cimento?
Chi chi restituirá il corpo?
Quanta raggione avrá il cartilagine del rigo
per pensarsi acqua? Quanta, il pesce, per sapersi rigo?
Contorsione e stoppa,
quel movimento dal cresolo nel viale
il rumore. La pubblicitá della scimmia.
L´ inesorabile crosta subliminale
del sapiens sapiens.
Respirazione artificialeAspettabamo all´infirmiera
retti, come se curarsi
fosse ritornare al mito
del corno del mondo conico
poi d´aver creduto a qualcosa
in piú del dolore di testa…
... e siccome ci indentriamo
nella pelle di ogni cortina
la fascia dei loro credi
e il dirupamento pendolare
delle ditta nel polpastrello.
Qualcuno dovrebbe essere assistito
pertant´altro continuasse ad aspettare
la febbre,
come la vecchia.
Come una caricatura flaccida
il vento comporre scuole
per una tarantola
si scomponga sul ventre,
un bacio con sapore rancioso, un lampo
le cose che ha la lingua
per profondare le dosi.
Lei ha voluto sapere se poteva depelarsi,
se c´era latte nel cestino,
e dov´é finito il cartello dei chilometri.
/ le andature restanti
la prossima localitá.
Un gesto faciale di cauzione al carpone
ha detto piú che le fauci umidi
della tempesta,
il veleno contiguo del verde
l´intuito dell´allucinare alla rive del rigo secco.
Lei é ritornata facendo autostop
... io ho soltanto provato a racquistare la mia lume.
Tropico delle anfetamine
La chimica dei fluorescenti
crollata
per i cresoli che conservano lampade
dentro delle amigdale,
Christo ci guarda da una poltrona
e la chiarezza preterita dei suoi pattini
mentre crepola il gelo fino al centro della terra
piangendo all´ombra della sua ossatura
lo scheletro di un tubo
il suo ansamento, tutto accidente.
Non siamo giá gli stessi, quelli di ieri
insondabili resti di compagnia,
sotto la sottoveste, niente si aveva benanche gelato,
da questa seguenza
allucinavamo come aquile dimagrite
complottando di plegare il palio di pattinaggio
fino al dell´orifizio galleggiante
per finalmente arrendersi
di fronte ala sorgente cadenza delle ciucche
e ritornare.
Dove sono le bambole articolate, i pagliaci
e le semenze di melone
che ho voluto germinare a marzo?
Prima di mangiare pensava
se c´erano degli aterramenti che si possono vedere in fondo
quelli che decoreno le loro gambe,
o alla fine degli aterramenti
quello che le inventa
un´altra volta.
Minuendo
Il dolore labiale della ceretta
infonda dei genitali.
Una ragazza di Bolivia vicino alla vetrina
rubba creda infante
della cupola senza documenti.
Oggi non si vendono ne stivali ne bacci...
soltanto cigni e consolatori,
se partiamo di lí potremo disfendere quello che resta.
2. Pugni
EpiQualziasi sopraccarta
che porti un folgio su un altro foglio
sará converso in sostanza
Quante volte abbiamo voluto ritornare ad essere vegetali
e ci abbiamo conformato con la goccia che cade dall´orifizio
dal naso coperto, sia che percorre all´interno come binari
dentro delle cupole cancrenate?
Questo gambo, questa radice tropicale
il sugo, bimba, adeso dovrai guarir il sugo!
Acro
Si cade
l´ultimo indizio della fronte
a digito zero
mentre picchetta col pogo nero
infatti questa pelle di piscina
scamata.
Si cade
la bambola disgelata
nella intenzione greca
di fare ricci le pietre
cieccamente
... si cadono i capelli.
GeoAtterrati per l´ isteria dell´umus
preludiamo dei fregamenti
Che grafia obominebole ci urge?
Ci ammucchia la sangue e si coagula.
L´oraculo, ritagliato, che acque scroscia?
Perche non c´é resto seminale nella corteccia, No.
La stoffa vinilica; la la mollicola del pane.
le mani, le mani collegate ai meridiani
i piedi ai paralelli
la testa polarizzata
e la verga impaludata.
InterDa questo lato del muro
adesso si puó ascoltare gemere alla mia vicina
copo un rock di collo ossidato
e di cembalino di cuna
ed il fischiare di una teiera
ed il piangere di un bambino
che da certo tempo
proclamava la sua esistenza.
Al otro lato del muro
soltanto c´é questo silenzio.
SubLo spasmo gutturale dell´ombelico
occorso nella sague percorre tutta la ruota
a Recoleta,
la soglia del tomografo vuotato lí
per la ciambella, agrilla, dell´intorno
É lo stesso tornare a correre
che ritornare alla coda di capelli sconnettata
al ricordo muraiuolo che la collega.
Lei continua pensando alla boccola che ha perso sulla strada
come affollata, sferica,
abita circondata nell´ostensibile figura di cute di pesce
e crede che l´acqua la copre
o qualcosa di piú,
l´incantamento d´altro legame disposto in cassula
la dote figurona di suporre che gli altri
andiamo soto.
SupraVermi che mangiano cervelli
vermi che tragano sessi
e la l´informe comunione che prefiriamo
nella cima seguenziale di quello che non é concreto,
quello che abbiamo detto, quello che non abbiamo potuto dire,
quello che noi dovrebbero aver detto.
Cotone nelle orecchie per non ascoltare dei russi
o nemeno la scelta di non toccarsi.
La tua branda del Paraguay se l´ho prestata a Cosme... Fino a che finisca il cibo o al arrivo dell´uomo della fumicazione.
HeteroCome dal fruttivendolo in mente
la rotura sfrontata degli broccoli degli emisferi
dei mandarini, delle tue tette
umidite soto le mosche
tutte le cose.
Solebbero crollare in una sfinge emozionale
di qualche chico,
crostina cuneo della fortuna
ci abbiamo giurato tutto il gioco e siamo ritornati
a germinare sulla polvere.
NeoCome un bambino arrenato in piazza
la cimice segrega tutto quello che gira di quello che si muove sulla branda,
prende il mondo in una borsa
lo annasa e dirime
e bersaglia il suo ombelico coll´indice
fino a suicidarlo
suicidarse tra razzi d´ una bicicletta imbaccucata.
Adesso cerca dei scoglieri nella zuppa
un motivo sfasciato di quello che lui vuol essere
quando sia grande,
un rifugio
simulacro costretto agli strati della notte
un ferro
retrati del silenzio imbalsamato
in una trappola
la voce
quello che continua a fugire alla riva.
Come una piazza arrenata alla cimice
il bambino presume ghirgori d´immensitá
di quello che rimane.
ExSi scappa un gramo di sabbia
per la fessura del corvo,
ci sentiamo come timballi e corteggiamo dei cieli
ringagliarditi ai carratelli vagabondi di graticole.
Per mettersi dentro dell´acquaio avrá che ristaurare
i rughi seguenziali, avra che imbavagliarli questa volta
ballare, ballare, ballare, ballare... Perché?
Umidirsi la sottoveste per uscire a vedere
dove sia lo scoppio della suprenova
o esca uno sciame scoraggiato.
Il vassalligio agiungie della fine del filo fino a dormirsi
si sa guardato, non sogna
si´impegna degli scarpini
coniura la fondura dei precipizi
con martirologgi della sua lega segaligna, demolita
per il nettare di quello che c´é stato ierisera, ieri l´altro sera
ed qualziasi altra scuritá perenne.
Si ricorda: le putane gli hanno condannato quando
col succiamento del poi,
gli erpici della pelle, lezzosa
i solchi che la lingua ha lasciato.
Quella olandesa che l´ha accarezzato a Amsterdam
poi si ha lanciato il corvo sugli orifizi matinali
per cadere dissimulato per le rive dell´occhio.
Holo
Sará la nulla che ricopre la nulla
quella che fa che preceda tutto che assoggetta il tutto?
Sará il rumore del tuono quello che ci sveglia
senza vedere la sua luce?
3. Polso
Abito senza transigenze
Le mani santi
che fossi
quelle bandate
quelle che hanno pregato,
in sospenso come xerofile
libere d´acqua
appuzzano il particolare del sudario,
l´ira delle forbici
sottili maniere di dissiparsi
nell´ermo taglio dell´oscuritá
Non prendere dei monumenti, non li vomiti!
La Madame é dormita, come abbandonata
al sogno degli svegiati,
all´incandescenza del riflesso.
Tutti abbiamo voluto essere putane,
sbattere degli orifizi conici,
dietro agli specchi in scissione,
prescindere di un bacio
del capriolo e della sua violenza
del dolore del chiodo fatto pelle.
Esistirá qualcosa di dire poi di Dio?
Sará soltanto quello che non abbiamo detto prima
quello che é sucesso?
Quello esanime
quello che non accade,
il gesso vedovo
il legno antisociale
il marmo peritato
o l´eccesso tempestuoso
d´ un coito nella vasca da bagno.
Questa carie
quest´ ordine
si confondono
con tutto quello che abbiamo voluto essere
e non abbiamo potuto.
Adesso ci condanna l´olio
sgorgato sulla cervice
il rumore liquido
consacrato alla falange
e il brusio a vuoto
di piallare denti.
Il dolore dei metaliUn vento di pillole di bambini
che porti dei sur in sauni
é tutto quello che bisogna questo ossigeno
per concepire l´idrogeno...
E qualcuno che mancie con cotogno
ole sgorgate
l´estremo di una donna sorgente
que dimentichi liquefare della cartina
all´aria condizionata
per l´inusuale freddo
d´un aro alla lingua.
Molle inanimate di carrozze
luci alla notte di Picincia
come un carnevale postergato
Frattempo
Clessidre del guffo amaro
al caffé incrustate
che ha preparato la mia mamma per darmi qualcosa di piú
dopo la cena.
Un´altra donna che apre delle sue mani,
senza le ammagliature angosciate del glande
un´altra pulsione separatista del mondo
nella comunione delle ditta
nella sua sciupona comessura.
Figli che furono traiettoria d´una fogna disabitata
afettati per la corrosione ossidata.
Avevamo dormito tanto quella notte
Ne lo storico supplizio de naso ci ha potuto contenere,
il crocco ha riparato dei tetti
e l´allontanamento dino a cose coniche
ha impedito la gesta.
Tutto fiutava a merda del tempo della nostra casa
la omissione nelle calze bucate che fingivano gesti,
essere in convalescenza progresiva nella neuralgia dell´uovo cigoto
-gestazione univoca del caos -
stanco di pigliare la potenzialitá d´un corpo che non arriva mai
gli oropelli processati alla porta dei bauletti.
Che qualcuno chiami non dirime l´oferta intenzionata
Crollano adesso dei ragazzi
nelle rive di un orologio anestesiato,
cricchi valerosi della terra,
la sua orfana complicitá con palle di brano
tricicli e cani stradali.
Di solito facevamo bollire il pomeriggio negli incolti
servire alcool evaporato come oblazione
e ci stampavamo al sole per immaginare figure senz´attorniamento
batoni dove s´appoggia il fuoco
il plesso anfibio dell´embrione.
Divorarsi in quella quietezza di critta per catturare
benché distretto
per ugne emulate, diverse
il pianeta abisale dell´ovulo
ed altro uomo chiude loro pugni
con la sangue aggrumolata nei confini
un altro attacco genitale
nella comunione delle ditta
la sciupona comessura d´ogni dito.
La tendenza del corvo
s´apoggia sul mascherone di prora
cambia il sentito
mette in guardia la fondura
Non avere delle ombre non significa chercare bianchi.
Incrocio di pedoneAttraversare
o no
altresí
dipende
del concreto
rischio
lineale
di attraversare
o no.
... ed era lambire il deserto
fino a che la sabbia finisca
per sorteggiare al folo metalico che sutura delle labbra
ai disegni spolpati che circondano la lingua.
Essere dell´altro lato é come ritornare a quello stesso
mentre si spendono luci
senza ami aggravati nella roba
con denti canini chiotti del coyote
e tutto quello abbiamo dimenticato nel sogno
d´auturi masticabili,
motti annichilati
e cicani deportati.
Frontone
Quello che dimanda l´altro celo
alla terra si offre
nella calce dei muri caldi
dove ribandiamo il tempo
per appinzare e scendere
fino a disegnare il percorso assente
d´una parabola cruda,
macerare il prezzo
di una zucca giaponesa
senza che nessun assaligio
possa rapire il resto.
Parole di Marcello ScalonaSe ogni scrittore si caratterizza per il donno della strannezza, quello é fortemente potentato in Fabricio Simeoni; la sua condizione naturale di essere cassulare, privato di tutto movimento, segna alla sua natura, una deviazione, una strannezza cossiché piú grande che quella del “gattoagnello” di Kafka. Se il poeta é un significante particolare di fronte ad altri significanti stabiliti, al caso di Simeoni, la sformatura o la contravvenzione dei modelli tradizionali é assodare anzitutto un gusto provocativamente arbitrario, eccentrico, barrocco, bizzarro, eufonico, pletorico di seduzioni tanto forti quanto visuali come una tv liquida, che anche, grondona.
Continuando ogni volta con piú fedeltá i segni del suo amato Néstor Perlongher, gli incrina sottili ironie kistch, crolla ogni odorino di modernismo cadente e aggiunge tutta classe d´interpretazioni, alcune razionali, ma sempre vicine ad altre surrealiste, oniriche, sorprendenti, impossibili, divergenti, dal sogno, dal deseo, e di solito, delle proprie barboze, umore ed furori esacerbati per la quietezza che palpita.
La condizione di essere stranno del poeta, é strema in Fabrizio. Quello che non cammina, obviamente, gli lavora al interno e corre al dettato delle frasi: L´Eros della vita é il suo movimento, immagini sgorgate, materiali opposti, aflussi e flussioni ritornati, affermazioni e contrari, mescolati negli assurdi, e tra l´impotenza o l´orridezza quotidiana sempre posteggia la corrosione dello scherzo, dell´assurdo, di quello irreale. SUB parla sulla vita che c´é in un altro posto: un marziano, un ragazzo indaco, un interrato, un homo sapiens, un attacatto, un bimbo infantile, un arrestato, un interrato, un agonnizzante. Il suo autore, invero, é in un altro posto, magari piú umana, piú midollare, piú intima che la di molti.
Nessuno come Simeoni a questi poemi ci puó parlare sulla vita che percorre sotto la superficie, la normalitá, e lo stabilito. E questo rimane detto tanto per la semántica quanto la forma. SUB s´iscrive ampiamente nel “neobarroso” che inaugura Lezama Lima e Perongher.
Simeoni é un soggetto che – curiosamente – si “alza” diverso di fronte agli significanti tradizionali della poesia. Forse sia perché é riuscito a scherzare piú che poi.
Chi é Fabrizio Simeoni. (versión for export)
(Rosario, 1974, Argentina, Sudamerica). É poeta e giornalista. Co-regista di una rivista culturale, adesso contribuisce con diversi mezzi orali e scritti, mentre lavora come insegnante. Di solito partecipa delle letture poetiche a Rosario, la sua cittá. Fu dichiarato artista omaggiato per la sua opera poetica, literaria e culturale, veramente un importante riconoscimento consegnato dal Consiglio Municipale. Ha pubblicato molti libri e adesso si sta facendo un film che racconta la sua vita.
